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LA LETTERA

Nel dicembre 2018, a casa da scuola per le vacanze invernali, io e la mia famiglia decidemmo di trascorrere il Natale tra le montagne di Lugano, in Svizzera. Un pomeriggio, decisi di prendere con me Atena, la mia cagnolina, e di portarla al parco. Una volta arrivate a destinazione, mi sedetti su una panchina a fumare una sigaretta mentre Atena, con gli altri cagnolini, si divertiva a giocare con loro correndo in giro, ad un certo punto, notai che Atena mi stava fissando con sguardo perplesso, non capivo, forse voleva comunicarmi qualcosa, poco dopo iniziò ad abbaiarmi, come per chiamarmi, preoccupata corsi subito da lei per capire cosa stesse succedendo, arrivata sul posto, la notai fiutare qualcosa tra due piccole rocce, sembrava una busta consumata dal tempo, con la sua zampina riuscì a tirarla fuori, la prese con la bocca e me la diede in mano. Provai lentamente ad aprirla, all'interno, una lettera scritta a mano ancora ben tenuta. Iniziai così a leggerla.

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Cara Elena,

Vorrei un giorno poterti vedere.

Vorrei per l’ultima volta dirti ciao.

Vorrei per l’ultima accarezzarti il viso, guardarti negli occhi e dirti quanto ti voglio bene.

A chiunque mi troverà, mi chiamo Rosa e questa è la mia piccola storia.

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Ero la sarta più conosciuta di Lugano, mio marito invece, era un banchiere che lavorava dall'altro lato della strada del mio negozio, è così che ci eravamo conosciuti. Un giorno, entrambi affacciati alla finestra, i nostri sguardi, si erano per sbaglio incrociati e a partire da quell'istante, i nostri occhi non avevano fatto altro che fissarsi ogni giorno. Quest’uomo con il tempo era diventato mio marito e pochi mesi dopo, aspettavo una bellissima bambina di nome Elena. Quanto era piccola e dolce, aveva lo stesso sorriso di suo padre e i miei stessi occhi color celeste, era vivace, sempre sorridente, il regalo più bello che la vita avesse potuto donarci.

Come tutti i bambini, Elena era cresciuta e con il suo nuovo compagno si erano trasferiti in America, giovane donna di carriera, proprio come sua madre, era diventata una nota stilista, ma mentre lei cresceva, noi invecchiamo. Vedere o sentire Elena, d'un tratto, iniziava a essere sempre più difficile al punto da arrivare a non aver più alcuna sua notizia. Non sapevamo più niente. Tante erano le domande che volevo farle e molte erano le lettere mandate a lei, purtroppo però, senza alcuna risposta. Il tempo passava e noi stavamo lentamente morendo, mio marito aveva iniziato ad accusare alcuni strani sintomi, quali tremori, nausee, svenimenti continui, si era poi scoperto fosse un tumore al cuore e una notte, infatti, si era lasciato cadere in un dolce sonno che sarebbe poi durato per sempre, inutili erano stati i tentativi di contatto con Elena. "Era forse morta anche lei?”, mi ero chiesta ad un certo punto. Ormai sola e triste, ho deciso di lasciarmi andare anche io, ma prima di spegnermi definitivamente, con tutto quello che mi rimane, ti scrivo ancora un’ultima volta, sperando un giorno, possa finire tra le tue mani e chissà, magari dirci un ultimo ciao.

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Con affetto mamma Rosa.

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Mi fermai, feci un sospiro, una lacrima cadde lungo il mio viso, tra me e me sussurrai un dolce addio, con ancora gli occhi lucidi guardai Atena e le dissi che non l'avrei mai abbandonata, ad un certo punto, iniziò ad abbaiare verso l’orizzonte, una soffiata d’aria portò via dalle mie mani quella lettera trascinandola con sé, cercai di prenderla, ma il forte vento me lo impedì, poco dopo si calmò, provai a cercare in giro, ma fu tutto inutile, introvabile. Tornai a casa e non appena vidi mia madre le raccontai l'accaduto. La reazione fu strana, di colpo si sedette al tavolo, rimase in silenzio per alcuni secondi fissando il pavimento, con le mani tra i capelli mi chiese di raccontargli ancora una volta ciò che lessi nella lettera, ancora un attimo di silenzio, pochi istanti dopo, la vidi crollare in un profondo pianto. Fu proprio in quel momento che realizzai che quella piccola e dolce Elena che Rosa da tanti anni cercava, era proprio davanti ai miei occhi.

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